Le Corbusier – Villa Savoye | parte 1: la storia

Luogo: Poissy, France
VILLA SAVOYE
Committenti: Pierre e Eugénie Savoye
Progetto: Le Corbusier e Pierre Jeanneret
Testo di Riccardo Bianchini
per le foto, vedi i crediti

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Villa Savoye, facciata sud-ovest, foto Inexhibit

LE CORBUSIER – VILLA SAVOYE | PARTE 1, LA STORIA

Per un architetto visitare Villa Savoye è un po’ come per un appassionato di cinema andare per la prima volta a Manhattan e scoprire con stupore che esiste davvero. Ne hai letto centinaia di volte, l’hai vista fotografata, l’hai disegnata, magari hai pure scritto qualcosa al riguardo ed ora la stai guardando dal vero.
Villa Savoye è generalmente considerata uno dei grandi capolavori di Le Corbusier, se non il più grande. Sebbene io abbia trovato più empatica l’esperienza di visita a Notre Dame du Haut  e al piccolo cabanon di Cap Martin, devo riconoscere che la Villa è ancora tremendamente affascinante. Mi ha fatto quindi piacere scrivere questo pezzo, che in parte è un breve saggio ed in parte la cronaca di una visita.

La commessa
Le Corbusier (1) ed il cugino Pierre Jeanneret furono contattati nella primavera del 1928 da Pierre Savoye, un ricco assicuratore francese (2) e da sua moglie Eugénie. La coppia voleva affidare loro l’incarico per il progetto di una casa di campagna da costruire nei pressi di Poissy, una cittadina poco fuori Parigi.

Pierre Savoye

Ritratto di Pierre Savoye, foto courtesy Gras-Savoye

Benché l’architetto svizzero avesse 41 anni, e fosse già noto come teorico e per i suoi progetti sperimentali, non aveva realizzato molti edifici. La commessa dei Savoye era quindi un’occasione unica per dimostrare, attraverso un edificio realizzato e senza grandi limiti di budget, i principi che aveva espresso nel saggio Verso Una Architettura.
Committenti come i Savoye sono probabilmente ciò che ogni architetto sogna: lasciarono infatti Le Corbusier sostanzialmente libero di progettare la casa come volesse, limitandosi a stilare  una lista precisa di spazi funzionali e, nel corso della progettazione, chiedendo alcune modifiche volte a ridurre i costi di costruzione.
Il lotto scelto per la casa era un bel terreno alberato situato circa 30 chilometri a nord ovest del centro di Parigi.

Non è a tutt’oggi chiaro se i Savoye, che abitavano in Roue de Courcelles a Parigi, volessero semplicemente una casa di vacanze o pensassero di trasferirsi nella villa in pianta stabile.
Le Corbusier scrisse una volta che “volevano vivere in campagna, collegati a Parigi da 30 chilometri in macchina“; altri documenti, soprattutto lettere di Eugénie Savoye all’architetto, potrebbero suggerire che la casa fosse stata pensata come un “buen retiro” per i fine settimana più che come un’abitazione permanente. La famiglia Savoye era originaria di Lille, nella regione del Nord-Pas-de-Calais, e non aveva particolari legami affettivi con la capitale, è quindi possibile che, data la ridotta distanza tra Poissy e la città dove Pierre lavorava, essi volessero effettivamente vivere nella nuova casa, o almeno trasferirvisi definitivamente una volta in pensione.
Di certo, in una lettera a Le Corbusier, Eugénie chiede che la casa possa essere ampliabile:Mi piacerebbe che la casa potesse essere ingrandita tra qualche anno, senza che questo la rovini”, suggerendo in qualche modo che presto o tardi sarebbe diventata la loro abitazione principale.

Il concetto architettonico
Villa Savoye è generalmente considerata l’espressione più chiara di quelli che Le Corbusier chiamò “I cinque punti di una nuova architettura” (les cinq points d’une nouvelle architecture), ovvero:
– l’uso di sottili colonne (pilotis) per sollevare l’edificio dal suolo e creare così una maggiore continuità spaziale al livello del terreno.
– la pianta libera e funzionalmente flessibile (plan libre) che è consentita da una stuttura a scheletro in sostituzione delle murature portanti.
– la struttura a travi e colonne che libera anche le facciate dalla funzione strutturale, lasciando l’architetto libero di disegnarle secondo criteri funzionali ed estetici (façade libre)
– l’aggiunta di un tetto piano a terrazza (toit terrasse) che si possa usare come giardino, solarium o semplicemente come “soggiorno all’aperto” durante la bella stagione.
– l’uso di finestre orizzontali a nastro (fenêtre en longueur) per fornire agli ambienti una maggiore quantità di luce naturale.

Villa Savoye Le Corbusier terrace Inexhibit

La terrazza oggi, foto Inexhibit

Tutti i cinque punti enunciati si basano sulla tecnologia costruttiva, ovvero sull’uso del calcestruzzo armato; cosa che oggi sembra banale ma che non lo era per niente negli anni Venti. Agli inizi del Ventesimo secolo il calcestruzzo armato era ancora considerato un materiale utilizzabile per grandi progetti di ingegneria piuttosto che per l’architettura, e infatti era stato principalmente usato per opere infrastrutturali, edifici industriali, costruzioni militari e casematte durante la Prima Guerra Mondiale, ma usato in edifici civili solo da un pugno di architetti, tra i quali Auguste Perret, mèntore di Le Corbusier. Per ottenere la flessibilità funzionale di cui Le Corbusier aveva bisogno per la sua nuova architettura la struttura a telaio era assolutamente necessaria; l’architetto svizzero scelse il calcestruzzo armato come materiale elettivo mentre altri progettisti, ad esempio Mies van der Rohe, preferirono l’acciaio e, stranamente, quasi nessuno dei maestri del movimento moderno considerò il legno come possibile alternativa.

Un punto importante nella definizione del progetto fu il ruolo dell’automobile. L’autovettura recitò una parte rilevante nell’influenzare lo schema funzionale dell’edificio: tanto importante che non solo una larga porzione del piano terra venne riservata ad un garage per tre vetture ma il progetto comprese anche un piccolo monolocale per l’autista. In un lettera del 1928 lo stesso Le Corbusier scrisse a Madame Savoye che: “è il raggio minimo di sterzata dell’automobile che definisce le dimensioni della casa”.

Villa Savoye Le Corbusier from south Inexhibit

Vista da sud, foto Inexhibit.

Più in generale, la meccanica e la tecnologia erano viste all’epoca come l’espressione della modernità, ed erano fattori capaci di trasformare una semplice abitazione in una “macchina per abitare” (Verso una Architettura, 1923); il che spiega l’attenzione dedicata agli impianti tecnici, sia da parte dal cliente che da parte dell’architetto. Per la Villa gli impianti comprendevano un sistema di riscaldamento allo stato dell’arte, adduzione idrica e illuminazione artificiale: “Ecco l’elenco dettagliato degli elementi principali che vorrei fossero inclusi nella casa di campagna. Voglio acqua calda e fredda, il gas, l’elettricità (illuminazione e forza motrice) e il riscaldamento centralizzato” (3). La “forza motrice” di cui parla il committente era necessaria per poter installare una modernissima lavabiancheria elettrica.

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Villa Savoye, la cucina con l’e attrezzature e l’arredo originali, foto Inexhibit.

Un’ulteriore innovazione era rappresentata dallo stretto rapporto tra architettura e paesaggio; un aspetto che non si ritrova spesso nelle fotografie dell’edificio cui siamo abituati ma che emerge prepotentemente visitandolo.

PARTE 2 – L’ARCHITETTURA DI VILLA SAVOYE


Note

Il vero nome di Le Corbusier era Charles-Édouard Jeanneret-Gris (nato nel 1887 a La Chaux-de-Fonds, Svizzera). Egli adottò il soprannome nei primi anni ’20 come nom de plume per i suoi articoli su L’Esprit Nouveau e lo mantenne anche come architetto; i suoi dipinti vennero in un primo periodo firmati come Jeanneret,  poi come Le Corbusier o L-C.
Il soprannome, e la sua versione corta Corbu, prendono origine dalla parola francese corbeau (corvo), un’allusione all’aspetto fisico del loro portatore.

2) Pierre Savoye fondò nel 1907 la compagnia di assicurazioni Gras Savoye insieme al socio Gustave Gras. La compagnia esiste ancora ed è una delle maggiori di Francia sebbene non appartenga più alla famiglia Savoye.

3) Da una lettera di Eugénie Savoye a Le Corbusier, 8 Giugno 1928


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