Quando il futuro era oggi. La Maison Bulle di Maneval

Testo di Riccardo Bianchini
Crediti fotografici: vedi le didascalie

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Jean-Benjamin Maneval, Maison Bulle (Bubble House), 1968 model; foto © Inexhibit, 2015

Quando il futuro era oggi. La storia della “Maison Bulle” di Jean-Benjamin Maneval.

Lo scorso anno, alla mostra Arts & Foods allestita alla Triennale di Milano, ho avuto l’occasione di vedere uno dei rari esemplari restaurati della Maison Bulle, la “casa bolla” progettata dall’architetto francese Jean-Benjamin Maneval nei primi ani Sessanta.

In quell’occasione la casa era usata come padiglione temporaneo per esporre alcune opere di Andy Warhol. Fino a quel momento avevo visto la casa di Maneval solo sui libri di storia dell’architettura, ho quindi preso lo spunto per studiare un po’ meglio questo strano ma affascinante piccolo edificio.

Il contesto storico – le case del futuro in materiale plastico

Di quei progetti che potremmo colletivamente chiamare “case futuribili in plastica“, in gran parte concepite dalla metà degli anni Cinquanta all’inizio dei Settanta, la Maison Bulle è probabilmente quello che ebbe maggior successo. L’idea, che prendeva spunto dal lavoro sperimentale dell’architetto Austro-Americano Frederick John Kiesler – ed in particolare dalla sua Endless House del 1950 (che però era prevista in calcestruzzo), venne sviluppata da una generazione di progettisti Francesi, Britannici e Nordici, fra i quali Ionel Schein (Maison en Plastique, 1956), Arthur Quarmby (Emergency Mass Housing Units, 1962), Jean-Benjamin Maneval (Maison Bulle, 1963), Matti Suuornen (casa Futuro, 1968) e Pascal Häusermann (Domobiles, 1971).

L’obiettivo di tutti questi progetti era di creare un nuovo tipo di piccoli edifici “democratici”, perché a basso costo, realizzati con materiali sintetici, modulari, all’occorrenza mobili, compatti, producibili industrialmente, durevoli ed integrati nel paesaggio.
L'”estetica dell’era spaziale”, l’introduzione sul mercato di nuove tipologie di materie plastiche e l’idea utopica di nuove forme del vivere in comune, influenzarono profondamente quei progettisti e la loro visione di modernità.

La “Maison Bulle” di Jean Maneval – storia, progetto e materiali

Gran parte di quei progetti rimasero sulla carta o vennero realizzati solo a livello di prototipo. La Maison Bulle di Maneval fa però eccezione; si stima infatti che ne furono prodotti circa 300 esemplari, alcuni dei quali ancora esistenti.

Jean-Benjamin Maneval (1923-1986) concepì la sua Casa Bolla nel 1963; un punto chiave nell’approccio dell’architetto francese, che in qualche modo lo distingue dagli altri progettisti citati in precedenza, è la sua estrema attenzione al processo produttivo industriale.
In effetti, Maneval sviluppò il suo edificio in plastica in stretta collaborazione con Marcel Dupleaux, un ingegnere dell’industria chimica Pétroles d’Aquitaine, e fondò la ditta Batiplastique insieme a compagnie di rilievo come Lafarge, Setec e la stessa Pétroles d’Aquitaine, con lo scopo di produrre su grande scala l’edificio.

Ufficialmente denominata Bulle Six Coques (Bolla a sei gusci), la produzione in serie della casa venne iniziata nel 1968; era disponibile in tre colori: bianco, verde e marrone, scelti per armonizzare il più possibile l’edificio con il paesaggio naturale.

La casa è composta da sei gusci in poliestere, dal peso di 210 Kg ciascuno e identici per forma e dimensioni. I gusci sono fissati ed interconnessi inferiormente a un telaio esagonale in acciaio, e superiormente ad una calotta circolare anch’essa in poliestere; le finestre sono costituite da una singola lastra bombata in metacrilato.
Complessivamente la casa pesa 1.500 Kg, può essere trasportata da un camion ed assemblata in loco in pochi giorni; la struttura viene fissata ad una base in calcestruzzo.

Con una superficie interna di 36 metri quadri, costituita da un singolo ambiente in gran parte non suddiviso, la casa comprende una zona d’ingresso, due aree letto, un soggiorno, un angolo cottura ed un bagno. Solo il bagno è racchiuso da sottili pareti interne. Due o più unità possono essere unite tra loro a formare una serie potenzialmente infinita.

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Jean-Benjamin Maneval, Maison Bulle, modello prodotto nel 1968. Foto © Inexhibit, 2015

L’insediamento più grande realizzato con la Maison Bulle fu quello realizzato nei pressi del paese di Gripp, nei Pirenei francesi. Qui, 20 unità vennero installate nel 1968 per creare un villaggio vacanze; le case vennero usate fino al 1998 ed alcune di loro sono ancora visibili oggi. Sfortunatamente, dopo un breve ma effimero successo, la produzione della Maison Bulle cessò definitivamente nel 1970.

 

 


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