Il Memoriale Brion, l’ultimo capolavoro di Carlo Scarpa
L’ingresso del Memoriale Brion nel piccolo cimitero di San Vito d’Altivole; foto © Riccardo Bianchini/Inexhibit
Il Memoriale Brion, l’ultimo capolavoro di Carlo Scarpa
Se non lo cercate, difficilmente troverete per caso il Memoriale Brion.
Ultima opera architettonica realizzata da Carlo Scarpa, e uno dei massimi capolavori del maestro veneziano, il memoriale si trova all’interno di un piccolo cimitero nella pianura trevigiana; per arrivarci bisogna percorrere la provinciale che collega Castelfranco Veneto ad Asolo e poi deviare per una stretta strada di campagna fiancheggiata da cipressi fino al camposanto di San Vito d’Altivole. Visitiamo il memoriale in una soleggiata giornata di fine novembre insieme a una ventina di persone, quasi tutti straniere, per lo più orientali e scandinave si direbbe. Il personale del FAI che permette l’apertura e la visita del memoriale è gentile ed amichevole.
Un po’ di storia
Il Memoriale Brion, anche noto come Tomba Brion, viene commissionato a Scarpa nel 1969 da Onorina “Rina” Brion Tomasin, vedova di Giuseppe Brion, fondatore della Brionvega, azienda di elettronica di consumo che nel dopoguerra divenne celebre anche per la collaborazione con grandi designer tra cui Achille e Piergiacomo Castiglioni, Mario Bellini, Richard Sapper e Marco Zanuso.
Scarpa si appassiona al progetto e dedicherà ben nove anni della sua vita al cantiere del memoriale, non riuscirà però a vederlo completato: morirà infatti nel 1978 durante un viaggio in Giappone in seguito ad una banale caduta e l’opera sarà terminata da suo figlio, Tobia.
Inizialmente le intenzioni della famiglia Brion sono di far realizzare un opera di modeste dimensioni; acquistano un piccolo lotto di terreno di poche decine di metri quadri nel cimitero di San Vito con l’idea di costruire una cappella di famiglia, ma per varie ragioni l’area di progetto finirà per crescere fino ad occupare un lotto di 2200 metri quadrati. In questo spazio Scarpa disegna un complesso architettonico, che comprende cinque padiglioni immersi in un grande giardino, nel quale riversa molte delle ispirazioni e delle suggestioni maturate nel corso della vita.
Completato nel 1978, fin da subito il memoriale viene riconosciuto come uno dei capolavori dell’architettura italiana del dopoguerra. Restaurato nel 2018 su progetto di Guido Pieropoli, che di Scarpa era stato collaboratore, quattro anni dopo viene donato dalla famiglia Brion al FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano, che ne prende in carico la gestione.
Tra le curiosità legate al memoriale ricordiamo il film Dune – Parte due, di Denis Villeneuve, in cui il memoriale “interpreta” il ruolo di aliena dimora imperiale.
Il Memoriale Brion è normalmente aperto al pubblico, si consiglia di contattare il FAI per verificare gli orari di apertura che variano a seconda del periodo dell’anno; la visita non guidata è libera e gratuita, un piccolo contributo è però doveroso per partecipare al mantenimento delle strutture e delle aree verdi.
Il Memoriale Brion
Non è difficile individuare il Memoriale Brion all’interno del piccolo cimitero di San Vito, dove spicca per la sua architettura moderna, e però l’architettura di Scarpa appare perfettamente integrata nel contesto del camposanto di campagna, non si impone ma vi si inserisce in modo naturale.
Il primo edificio che si incontra entrando nel memoriale, il padiglione d’ingresso anche noto come propilei, mostra subito molti degli elementi stilistici del complesso: le forme geometriche primigenie, i tagli che aprono viste sul giardino interno e sulla pianura trevigiana, la presenza ubiqua dell’acqua, le superfici in calcestruzzo facciavista in cui sono inserite campiture in stucco veneziano bianco, tessere di vetro di Murano, inserti lignei ed elementi metallici in ferro, ottone e bronzo.
La celebre finestra a doppio anello del padiglione d’ingresso è un riferimento al legame tra Rina e Guseppe Brion; foto © Riccardo Bianchini/Inexhibit
I dettagli del Memoriale Brion mostrano l’incredibile ventaglio di materiali e abilità artigianali tipico dei progetti di Scarpa; foto © Riccardo Bianchini/Inexhibit
Svoltando a destra del corpo d’ingresso, uno stretto corridoio in calcestruzzo con il soffitto decorato da piccole tessere di ebano porta a un altro ambiente, il padiglione della meditazione, la cui copertura in metallo, legno di larice e compensato marino pare levitare sospesa su tre esili supporti metallici. Dal padiglione lo sguardo scorre sopra a uno specchio d’acqua popolato di ninfee, oltrepassa un prato fino a posarsi su una struttura arcuata: è’ il cosiddetto arcosolio, dove le tombe di Giuseppe e Rina Brion si guardano sotto un “cielo” realizzato con tessere in vetro verdi e blu su fondo in foglia d’oro. Dietro l’arcosolio si trova un altro piccolo padiglione in calcestruzzo, destinato ai sepolcri dei familiari
Il padiglione della meditazione è un edificio circondato dall’acqua e ispirato all’architettura giapponese; foto © Riccardo Bianchini/Inexhibit
Un’altra immagine del padiglione della meditazione con lo specchio d’acqua antistante in prima piano e l’arcosolio in lontananza; foto © Riccardo Bianchini/Inexhibit
Una diversa vista dell’arcosolio, che ospita le tombe dei coniugi Brion; foto © Riccardo Bianchini/Inexhibit
Il sacello di Onorina Brion Tomasin all’interno dell’arcosolio; foto © Riccardo Bianchini/Inexhibit
L’ultimo edificio del complesso è quello che ospita la cappella, o tempietto, posta all’estremità nordoccidentale del sito. Nel suo avancorpo Scarpa cita elementi dell’architettura giapponese da lui tanto amata; dietro l’avancorpo si trova la cappella vera e propria, in cui ritroviamo elementi già preannunciati nei Propilei, come i grande “oculo” in calcestruzzo che segna l’ingresso allo spazio cerimoniale e la modellazione a gradini delle pareti in calcestruzzo. Lo spazio interno è immerso in una luce calda che filtra da una serie di strette aperture verticali creando un’atmosfera di calma senza tempo. Dietro la cappella un piccolo specchio d’acqua e un filare di cipressi segnano il confine occidentale del memoriale.
L’avancorpo della capella, che rivela vari elementi ispirati all’architettura giapponese; foto © Riccardo Bianchini/Inexhibit
Viste interne della cappella, o tempietto; foto © Riccardo Bianchini/Inexhibit
L’esterno della cappella; foto © Riccardo Bianchini/Inexhibit
Vera e propria summa della poetica scarpiana, il Memoriale Brion comprende molti riferimenti – all’architettura orientale, bizantina e islamica in primis, ma anche alla cultura artigiana e architettonica della sua città, Venezia – che il maestro rielabora e ricombina usandoli per la costruzione del suo personale linguaggio. Nel caso nel memoriale Scarpa “inventa” un luogo dove i piani di lettura paiono infiniti, uno spazio nel quale ogni elemento, ogni forma, ogni dettaglio rivelano nuovi aspetti, celati sotto quelli apparenti, basta soffermarsi a guardarli con attenzione. Contemporaneamente, si stratta di uno spazio dove l’architettura è indissolubilmente legata allo spirito del luogo, allo stesso tempo lo genera e ne è conseguenza. Di fatto il Memoriale Brion appare tutt’altro che uno spazio funebre, è invece un luogo che invita alla contemplazione della vita, all’amore per le persone care, alla meditazione e alla trascendenza. In fondo non sorprende che Scarpa abbia scelto di essere sepolto proprio qui.
La tomba di Carlo Scarpa si trova in un angolo appartato del Memoriale; foto © Riccardo Bianchini/Inexhibit
Memoriale Brion
Via Brioni, Altivole (Treviso), Italy
Sito web: https://fondoambiente.it/luoghi/memoriale-brion/
Telefono: +39 349 8781601
E-mail: memorialebrion@fondoambiente.it
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