Dieci lampade indimenticabili prodotte fra gli anni ’50 e ’70 del Novecento

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Dieci lampade indimenticabili prodotte fra gli anni ’50 e ’70 del Novecento

Le lampade di cui parliamo in questo post sono state progettate e prodotte dagli anni ’50 agli anni ’70 del Novecento e ognuna di loro è, per ragioni diverse, un importante tassello nella storia dell’illuminazione d’interni. Ciò che le accomuna è che tutte sono il frutto di un processo che ha sfruttato al meglio il sapere e le tecnologie del proprio tempo. Ma c’è di più: queste lampade sono diventate dei classici perchè hanno in alcuni casi anticipato e in altri casi interpretato con intelligenza le tendenze creative, il clima culturale e lo stile di vita del periodo nel quale sono state progettate, dimostrando che, anche all’epoca nella quale furono progettate e prodotte, non era sufficiente applicare le tecnologie più all’avanguardia per realizzare un oggetto che ‘lasciasse il segno’. A distanza di molti anni la maggior parte di queste lampade è ancora in produzione.

Lampade Serge Mouille. Editions Serge Mouille
Non una, ma una intera collezione di eleganti lampade da terra, da soffitto e da parete quella disegnata e prodotta da Serge Mouille; un vero e proprio ‘classico’ degli anni ’50.
Realizzate in metallo laccato, prevalentemente di nero, le lampade di Mouille – che studiò da maestro argentiere prima di dedicarsi alla propria collezione – devono il loro successo all’inconfondibile forma organica, alla leggerezza visiva ottenuta grazie ai sottili profili che formano il sistema di bracci e riflettori e alla loro mobilità, che rende le lampade simili a opere d’ arte cinetica. Dal 1999 le lampade sono prodotte e commercializzate dalla ‘Editions Serge Mouille’ fondata dalla moglie Gin Mouille, che continua a fabbricare la collezione originale artigianalmente, numerando e certificando ciascun esemplare.

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Immagine dal catalogo di una mostra su Serge Mouille
pubblicata da Alan Grizot, via Wikimedia Commons – CC BY SA 4.0

PH l’Artichoke, Poul Henningsen, 1958. Louis Poulsen Lighting
La serie PH prodotta da Louis Poulsen Lighting è stata per molto tempo uno dei simboli della modernità nel campo delle lampade a sospensione. La collezione che aprirà la strada al modello l’Artichoke, e che vinse la medaglia d’oro all”Exposition internationale des arts décoratifs et industriels moderne‘ a Parigi del 1925, era formata da un sistema di paralumi in metallo e vetro sovrapposti ed era già espressione compiuta della ricerca di Poul Henningsen.
Disegnata nel 1958 per rispondere alla richiesta del ristorante modernista ‘Langelinie Pavillonen’ di Copenhagen, la PH Artichoke, all’epoca realizzata con 72 lamine in rame, diventò ben presto ‘di moda’, e fu molto utilizzata nei progetti di interior design dell’epoca. Il sistema di lamine sovrapposte che riflettono la luce, che contraddistingue tutti i modelli della famiglia PH, garantisce una perfetta emissione del flusso luminoso ed evita l’abbagliamento. La serie è diventata un classico dell’illuminazione ed è a tutt’oggi prodotta dalla stessa azienda che ha sviluppato anche modelli da terra, da tavolo e da parete.

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PH l’Artichoke. Foto tratta da www.louispoulsen.com. 

Arco, Pier Giacomo e Achille Castiglioni, 1962. Flos.
La lampada Arco ha rivoluzionato le consuete tipologie nelle quali erano suddivise le lampade.
Arco è una apparecchio che illumina dall’alto, proprio come una lampada a sospensione ma – a differenza delle lampade a sospensione che sono rigidamente fissate a un punto luce a soffitto – si appoggia a terra e può quindi essere spostata per illuminare, dove serve, il piano di un tavolo.
Alla base è fissata un asta verticale e a questa tre settori ad arco (profilati in acciaio inox) che fanno da passacavo e permettono di posizionare in tre punti la cupola riflettente.
A proposito della base pesante, necessaria per bilanciare il peso, Achille Castiglioni in una intervista rilasciata a Ottagono nel 1970 affermava: “Pensammo al cemento prima, ma poi scegliemmo il marmo (Marmo bianco di Carrara) perché a parità di peso ci consentiva un minore ingombro e quindi, in relazione a una maggiore finitura, un minor costo. Nella Arco niente è decorativo: anche gli spigoli smussati della base hanno una funzione, cioè quella di non urtarci”. Nella base, che pesa circa 50 chili, è stato aperto un foro che serve per spostare la lampada con l’aiuto di un bastone. Molto conosciuta anche perchè utilizzata in molti film,(ricordiamo fra tanti 007, una cascata di diamanti, del 1971) vanta ancora oggi decine di imitazioni.

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Due immagini della lampada Arco, dalla mostra “A Castiglioni” allestita alla Triennale di Milano, 2018/2019. Foto di Federica Lusiardi, Inexhibit.com

Astro Lava, Edward Craven Walker, 1963, Mathmos
Qualcuno sorriderà ricordando la Astro Lava, lampada da tavolo basata sugli effetti della combinazione di due sotanze immiscibili – cera in una soluzione oleosa – che creano effetti cromatici dinamici grazie alla fonte luminosa che riscalda la cera facendole assumere forme sempre differenti. Giustamente associata all’immaginario dell’epoca psichedelica, proprio per l’effetto ipnotico creato dal continuo trasformarsi di forme e colori, Astro lava è stata un vero e proprio simbolo del proprio tempo. Prodotta fino al 1963 da Lava World International è oggi prodotta da Mathmos.

Bulb, Ingo Maurer, Design M, 1966
‘Bulb’ – la prima lampada prodotta dall’azienda Design M fondata da Ingo Maurer a Monaco nel 1963 – è un tipico prodotto della cultura pop. Anticipando la giocosità e la sperimentazione applicate al progetto degli oggetti illuminanti che sarà evidente nei decenni a seguire, con questa lampada Ingo Maurer ha giocato con il concetto del ‘fuori scala’, disegnando un oggetto ‘surreale’ formato da una semplice lampadina ad incandescenza rinchiusa in una lampadina ingigantita di vetro soffiato con base in metallo.
ll team di Ingo Maurer ha di recente messo sul mercato una versione aggiornata e rimpicciolita della ‘Bulb’ chiamata ‘b bulb’, funzionante a batteria e ricaricabile via USB.

Eclisse, Vico Magistretti, 1965, Artemide.
Eclisse è una piccola lampada da tavolo a luce diretta o diffusa studiata per permettere la regolazione manuale del flusso luminoso attraverso la rotazione di una paralume a semisfera inserito in un guscio esterno .
Grazie a questo principio, che rende attivo il rapporto fra utente e oggetto e consente di ottenere diverse intensità di luce, Eclisse ha riscosso molto successo, sia come lampada da lettura che come lampada per la notte perfetta per le stanze dei bambini.
Eclisse, che ha vinto il compasso d’oro nel 1967 ed è esposta nei più importanti musei del design del mondo, è prodotta in metallo verniciato in tre colori da Artemide ed è tutt’ora in commercio.

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Vico Magistretti, Eclisse, Artemide.
Scatto realizzato da Camillo Frigeni, Luca Manenti, Francesco Massaro ed Emanuele Michele Pinto, via Wikimedia Commons – CC BY SA 4.0

KD27, Joe Colombo, 1967, Kartell.
La KD27, piccola lampada da tavolo, è una testimone del periodo pionieristico delle lampade in materiale plastico negli anni ’60. In realtà Kartell, azienda leader nella produzione di oggetti in materiali polimerici, diede inizio alla sfida implementando un “settore illuminazione” già nel 1958, ma solo alla fine degli anni ’60, grazie alla collaborazione con alcuni designer come Giotto Stoppino e Joe Colombo si iniziarono ad immaginare nuove forme possibili grazie allo sviluppo dei materiali plastici. Joe Colombo, che aveva già disegnato per l’azienda la lampada a luce graduabile KD 8 nel 1965, è l’autore della lampada da tavolo KD27, prodotta con base in abs e diffusore formato da una doppia calotta in metacrilato opalino. La lampada si inseriva perfettamente nel clima di sperimentazione e di libertà espressiva dell’epoca e fu prodotta anche una variante nella quale la base era completata da un portaoggetti.

Parentesi, Achille Castiglioni, Pio Manzù, 1971 Flos.
Parentesi è il frutto dello sviluppo di una lampada pensata anni prima dal designer Pio Manzù. Castiglioni ha studiato i suoi schizzi ed ha applicato al progetto la sua propensione alla semplificazione delle componenti e la proverbiale attenzione ai comportamenti umani.
Il corpo illuminante – che nella versione di Manzù era formato da un cilindro che doveva essere fissato con un morsetto all’asta verticale – è stato ridotto a una lampadona nuda, (in origine uno spot da 150 Watt) attaccata per mezzo di uno snodo in gomma a un tubino a forma di parentesi che può scorrere su una fune tesa fra soffitto e pavimento senza bisogno di elementi di fissaggio, semplicemente sfruttando l’attrito fra tubino sagomato e fune.
Prodotta da Flos, Parentesi è ancora oggi una lampada geniale, che permette alla fonte luminosa di spostarsi e di ruotare illuminando in tutte le direzioni. Nella versione con lampada LED da 8 Watt è commercializzata in un kit che contiene tutti gli elementi separati: contrappeso, fune di 4 metri, parentesi, tenditore, portalampade e cavo elettrico.

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Achille Castiglioni, Parentesi, Flos.
foto di Erremm via Wikimedia Commons – CC BY SA 4.0

Tizio, Richard Sapper, Artemide 1971-1972
Tizio è il primo esempio di lampada tecnica da tavolo. Concepita espressamente per essere una lampada da lavoro divenne ben presto uno status simbol e uno degli emblemi del design d’autore. Progettata sfruttando al meglio la tecnologia disponibile, sia per quanto riguarda la fonte luminosa (una lampadina alogena), sia per i materiali della struttura, il successo della lampada Tizio è fondato sull’immediatezza della regolazione dei bracci, il lunghezza e in altezza, che avviene semplicemente sfiorando la lampada grazie all’ingegnoso sistema di pesi e contrappesi. Nella versione contemporanea Tizio è proposta in varie dimensioni e finiture.
La struttura della lampada è in policarbonato verniciato mentre la testa è in alluminio verniciato.

Ariette, Afra e Tobia Scarpa, Flos, 1973
Ariette, che può essere fissata sia a parete che a soffitto, esprime un concetto di lampada molto vicino a quello di scultura luminosa.
Le sottili aste flessibili in fibra di vetro e il leggero telo bordato del diffusore rendono la lampada impalpabile ed eterea, un quadrato luminoso sulla parete. Il diffusore in Tyvex (un tessuto non tessuto a base di polipropilene creato e brevettato da DuPont) interagisce con la fonte luminosa creando un interessante effetto materico, facendo di Ariette una piccola installazione alla portata di tutti. La lampada è stata studiata per rendere facili le operazioni di montaggio e per ridurre al minimo l’ingombro della scatola nella quale viene ancora oggi commercializzata.

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Ariette, Afra e Tobia Scarpa, Flos, 1973. Foto courtesy of www.flos.com

 


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