Biennale di Architettura Venezia 2025: i nostri 5 padiglioni preferiti

Luogo: Venezia, Italia
la Biennale di Venezia
Biennale di Architettura Venezia 2025: i nostri 5 padiglioni preferiti

Belgium exhibition, Venice Architecture Biennale 2025 Inexhibit 7

Biennale di Architettura Venezia 2025: i nostri 5 padiglioni preferiti

Diciamo subito a scanso di equivoci che non abbiamo visti tutti i padiglioni nazionali della 19°biennale di Architettura di Venezia, e che quelli che seguono sono i nostri cinque preferiti fra quelli che abbiamo visitato. II criterio che abbiamo seguito è basato sulla coerenza con il tema di questa biennale curata da Carlo Ratti (Carlo Ratti ha presentato la Biennale di Architettura di Venezia 2025) e sulle modalità di comunicazione dei contenuti.

Padiglione della Francia “Vivre avec / Living with”
Il padiglione francese ai giardini di Castello è chiuso per restauro:“Vivre avec / Living with” è quindi un allestimento tutto en plein air, che circonda il padiglione in ristrutturazione.
Ideato dagli architetti Dominique Jakob e Brendan MacFarlane, in collaborazione con Martin Duplantier e Éric Daniel-Lacombe lo spazio temporaneo è stato concepito traendo ispirazione dal cantiere, dal giardino e dalla vicinanza con il Rio dei Giardini, rendendo la ristrutturazione parte integrante dell’esperienza offerta ai visitatori.
Realizzato con strutture da cantiere in metallo, il padiglione occupa lo spazio davanti al padiglione e si snoda poi lungo l’area verde e verso l’acqua del canale, elemento chiave del paesaggio veneziano, creando un microclima protetto dalla luce solare diretta.
Alle strutture metalliche sono fissati pannelli con progetti di architettura contemporanea che fanno riferimento a sei temi individuati dai curatori: “Vivere con l’esistente”, “Vivere con la prossimità”, “Vivere con il danno”, “Vivere con le vulnerabilità”, “Vivere con la natura e il mondo vivente” e “ Vivere con l’ intelligenza collettiva”. Il padiglione vuole essere una rappresentazione viva del mondo contemporaneo e al contempo un invito pressante a costruire una relazione nuova e proficua fra architettura e ambiente.

France exhibition, Venice Architecture Biennale 2025 Inexhibit 3

France exhibition, Venice Architecture Biennale 2025 Inexhibit 2

France exhibition, Venice Architecture Biennale 2025 Inexhibit 1

Sopra: Viste del padiglione francese. Foto © Riccardo Bianchini/Inexhibit

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Padiglione francese: © courtesy of Agence Anne Samson Communications / Institut Français

Padiglione della Danimarca “Build of Site”
Come per il caso della Francia, anche il padiglione danese è uno spazio ibrido nel quale l’esposizione si fonde con il cantiere per la ristrutturazione. L’architetto Søren Pihlmann (studio Pihlmann architects), incaricato del progetto, propone un percorso nel quale i lavori – che saranno completati dopo la chiusura della mostra – sono parte integrante del concept espositivo. Nel 2016 è stata condotta un’analisi approfondita sullo stato dell’edificio che ha evidenziato diverse criticità e di conseguenza la necessità di intervenire anche in risposta agli effetti del cambiamento climatico che hanno reso il padiglione più vulnerabile. In particolare si è reso necessario rinnovare pavimenti e finestre, oltre a creare un nuovo ingresso sulla facciata nord-orientale. Iniziati a ottobre 2024 i lavori comprendono nuove modalità di riutilizzo dei materiali di scarto provenienti dai processi di costruzione e demolizione. Spiega Søren Pihlmann: “Ormai è chiaro a molti che, d’ora in avanti, dovremo confrontarci in modo costruttivo con tutto ciò che abbiamo già creato nel mondo (…) Ora, è il momento di discutere le possibilità architettoniche che emergono dal suolo, dalle pietre, dal cemento o da qualsiasi altro materiale che possiamo trovare nei luoghi in cui abbiamo il privilegio di costruire “. I materiali impiegati nel padiglione – legno, calcare, pietre, sabbia, limo e argilla – sono stati analizzati in collaborazione con ricercatori e studenti dell’Accademia Reale, dell’Università Tecnica di Danimarca, dell’Università di Copenaghen e del Politecnico federale di Zurigo sin dall’autunno 2023. La stretta collaborazione con esperti di vari settori, che hanno contribuito allo sviluppo del progetto fin dalle fasi iniziali, dimostra come dovrebbe evolversi la pratica architettonica in futuro: l’attenzione non è rivolta alla funzione e al valore originali dei materiali, ma a come questi possano essere rigenerati e valorizzati per arricchire l’ambiente costruito.

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Denmark exhibition, Venice Architecture Biennale 2025 Inexhibit 1

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Sopra: viste del padiglione danese. foto © Riccardo Bianchini/Inexhibit

Padiglione del Belgio – Building Biospheres
Per i sei mesi di apertura della biennale di architettura il padiglione belga sarà un prototipo, un esperimento visitabile su come costruire una proficua relazione fra architettura e natura: l’obiettivo del curatore, l’architetto paesaggista Bas Smets in collaborazione con il neurobiologo Stefano Mancuso, è infatti quello di verificare come le piante possano interagire con gli ambienti interni e come possano contribuire attivamente a migliorarne il microclima.
L’evoluzione dell’architettura ha dato come esito ambienti sempre più controllati artificialmente e sempre più separati dall’ambiente esterno; Smets e Mancuso immaginano invece un futuro prossimo nel quale questa separazione potrà essere eliminata, e nel quale gli edifici potranno generare il microclima corretto per gli umani grazie all’attività delle piante.
Nello spazio centrale del padiglione, illuminato naturalmente grazie a un grande lucernario, sono state messe a dimora più di duecento piante il cui comportamento sarà costantemente monitorato da tre stazioni microclimatiche che attiveranno la regolazione dell’acqua, della luce e della ventilazione per rispondere ai bisogni delle piante. Ma questi bisogni coincidono con i bisogni degli umani che abitano gli ambienti: il progetto Building Biospheres dimostra come si possa creare una nuova e proficua simbiosi fra necessità umane, necessità delle piante e gestione degli edifici, una sorta di rinnovata alleanza fra architettura e natura.

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Sopra e in copertina: viste del padiglione belga. Foto © Riccardo Bianchini/Inexhibit

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Foto © federica Lusiardi/Inexhibit

Padiglione della Germania – Stresstest
Nonostante il caldo sempre più intollerabile e gli eventi meteorologici sempre più estremi che renderanno ben presto difficile per umani, animali e piante vivere in alcune delle città europee, non è ancora una priorità per chi ci governa pensare ad uno sviluppo urbano adattato al clima che sta cambiando.
Il Padiglione tedesco, curato da Nicola Borgman, Elisabeth Endres, Gabriele Kiefer e Daniele Santucci, espone in modo chiaro e inequivocabile il nostro presente e il nostro futuro prossimo: nella grande sala centrale una multivisione presenta una sequenza di immagini di inquietanti paesaggi urbani contemporanei: cantieri dove dominano calcestruzzo e metallo, spazi pubblici roventi, estese superfici a parcheggio completamente asfaltate. La mostra sottolinea la necessità di agire in fretta, invocando una pianificazione e una pratica progettuale resilienti che mettano in atto soluzioni per l’adattamento climatico degli spazi pubblici. I curatori ricordano come le strategie fondamentali siano ampliamente note e praticabili: desigillazione delle superfici pavimentate, creazione di ampie zone ombreggiate, introduzione di specchi d’acqua e soprattutto il riconoscimento del ruolo, importantissimo, degli alberi nello spazio pubblico. Ma allora perchè esitare ancora?

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Sopra: immagini del padiglione tedesco. Foto © Riccardo Bianchini/Inexhibit

Padiglione della Spagna – “Internalities”
La risposta dei curtori del padiglione spagnolo al tema della biennale passa attraverso una parola inventata:“Internalities” (internalizzazione). Il neologismo esprime la necessità di costruire utilizzando risorse e tecnologie locali, secondo un approccio portato avanti dalla generazione degli architetti spagnoli più giovani, il cui lavoro è presentato in mostra.
“Internalities” si contrappone a esternalità, termine coniato negli anni 20 dall’economista Arthur Pigou, che lo usò per definire l’insieme delle ripercussioni ambientali che non vengono considerate nel processo produttivo. Nel settore edile le esternalità sono le attività che comprendono l’estrazione di materiali, il consumo di energia, la produzione di rifiuti, la scomparsa di capacità e maestranze locali.
Le sezioni che compongono la mostra, curata da Roi Salgueiro Barrio e Manuel Bouzas Barcala, corrispondono a cinque segmenti del concetto di internalizzazione: Materiali, Energie, Lavoro, Rifiuti ed Emissioni. Ognuna delle sezioni è stata sviluppata da un team di ricercatori e ha preso in considerazione una specifica area della Spagna, da nord a sud, esplorando la relazione fra risorse territoriali e pratica edilizia.

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Sopra: Viste del padiglione spagnolo. Foto © Riccardo Bianchini/Inexhibit

 

 


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