L’ingresso del museo MAXXI progettato da Zaha Hadid, foto © Inexhibit, 2015
“Transformers” al museo MAXXI di Roma
di Federica Lusiardi, Inexhibit
Un fiore dorato in movimento vi accoglie nella piazza del MAXXI; è un fiore che “respira”, realizzato con i teli termici che ogni giorno vengono usati per soccorrere i naufraghi nel Mediterraneo. Golden Lotus è il titolo dell’installazione di Choi Jeong-Hwa, che con Didier Fiuza Faustino, Martino Gamper e Pedro Reyes è protagonista della mostra Transformers, visitabile fino al 28 marzo 2016.
Il termine “Transformers” rimanda ai giocattoli-robot giapponesi capaci di tramutarsi in personaggi sempre diversi, e allude dunque ironicamente al senso di questa mostra, curata da Hou Hanru e Anne Palopoli, che mette l’accento sui confini sempre più evanescenti e indefiniti fra le discipline – arte, design, architettura – nel quadro del nostro tempo segnato da grandi trasformazioni politiche, sociali e tecnologiche.
Choi Jeong-Hwa, Golden Lotus, foto © Inexhibit, 2015
La parola chiave della mostra “trasformazione” è anche la cifra che connota l’attività creativa dei quattro autori chiamati ad interpretare il tema, che sono l’incarnazione della trasversalità e della contaminazione fra le discipline: Choi Jeong-Hwa è artista ma anche designer e progettista di oggetti e arredi; Didier Fiuza Faustino, che ha una formazione da architetto, all’interno del suo Bureau des Mésarchitectures lavora su temi che coinvolgono molte discipline fra le quali il teatro, le installazioni, i video le performance; Martino Gamper opera in molteplici campi del design, dai mobili agli allestimenti, ed ha una formazione da designer e scultore e Pedro Reyes, architetto, è impegnato in progetti di comunicazione che trattano temi scottanti del sociale e della politica.
Attraverso le opere esposte in Transformers vediamo realtà che vengono dunque trasformate in realtà diverse e sorprendenti.
Choi Jeong-Hwa utilizza oggetti comuni e di poco valore per realizzare installazioni che hanno il potere di trasfigurare gli ambienti, come Hubble Bubble, una foresta realizzata con centinaia di cestini di plastica verde sospesi, o come Life Life che, allestita lungo la galleria vetrata affacciata sulla piazza del Maxxi, invita i visitatori a camminare e ad interagire fisicamente con i 3000 palloncini che scoppiano, si sgonfiano e si trasformano a causa del passaggio delle persone.
Choi Jeong-Hwa, Hubble Bubble, foto © Inexhibit, 2015
Choi Jeong-Hwa, Life Life, foto © Inexhibit, 2015
La collezione di sedie trasformate di Martino Gamper Post forma è la testimonianza della ricerca all’incrocio fra artigianato, design e arte del designer di origini altoatesine che da sempre è interessato ai processi di produzione e trasformazione degli oggetti di uso comune. Assemblando e riconfigurando oggetti che hanno già una storia, e che vengono trasformati in altri oggetti, Gamper esalta l’atto del reinventare a partire da ciò che esiste e pone l’accento sulla relazione empatica fra le cose e le persone.
Martino Gamper, Post forma, foto © Inexhibit, 2015
Quello di Pedro Reyez è un progetto dal grande impatto emotivo intitolato Disarm. Nell’ambito di una personale ricerca che sollecita riflessioni su grandi temi sociali, Reyez presenta una serie di strumenti musicali meccanici realizzati con le armi raccolte e distrutte dall’esercito messicano, un progetto completato da un giornale sul quale Reyes riporta i dati relativi alla produzione e al traffico di armi.
Pedro Reyez, Disarm, foto © Inexhibit, 2015
Infine Didier Fiuza Faustino esplora le relazioni fra le condizioni dei corpi e lo spazio; nell’installazione Lampedusa colloca una gigantesca boa in polistirolo a cui aggrapparsi davanti alla riproduzione della Zattera della Medusa di Gericault; poco più in là, l’inquietante Body in Transit, una cassa progettata per essere appesa al carrello di un aereo per trasportare gli emigranti clandestini. In mostra anche Exploring dead buildings 2.0 un’installazione che Didier Fiuza Faustino ha realizzato a L’Avana all’interno di un edificio abbandonato destinato ad una scuola di danza mai entrata in funzione che grazie al suo intervento è tornata a vivere in una veste rinnovata.
“Transformers” al museo MAXXI di Roma – foto © Inexhibit, 2015