Al Vitra Design Museum ‘Home stories’. Il design d’interni degli ultimi 100 anni

Al Vitra Design Museum ‘Home stories’. Il design d’interni degli ultimi 100 anni
La mostra ‘Home Stories -100 Years, 20 Visionary Interiors ‘, allestita al Vitra Design Museum dall’8 febbraio al 23 agosto 2020, riapre la discussione sull’ evoluzione degli interni domestici, visti come specchio del nostro modo di vivere e come apparati che danno forma alla nostra routine quotidiana.
Concepita come un racconto che ci conduce a ritroso nel tempo, e organizzata in 4 grandi aree, ‘Home stories’ mette in evidenza i più significativi cambiamenti sociali, politici, urbani e tecnici che hanno modellato il design e gli spazi interni in occidente negli ultimi 100 anni.
La prima sezione, intitolata “Space, Economy and Atmosphere: 2000 -Today” (spazio,economia e atmosfera: dal 2000 ad oggi) presenta alcuni interni contemporanei sviluppati in risposta a temi cruciali del nostro tempo, come la carenza di spazi abitativi a prezzi accessibili e la crescente rilevanza dell’economia della condivisione.Tra i progetti illustrati c’è anche “Granby Four Streets Community Housing” sviluppato a Liverpool (2013-2017), avviato dal collettivo multidisciplinare ‘Assembl’ che, in stretta collaborazione con i potenziali abitanti, ha recuperato alcune case vittoriane dal degrado urbano, ne ha ridisegnato gli interni adattandoli alle esigenze contemporanee e ha implementato un laboratorio che riutilizza i materiali da costruzione per creare arredi destinati alle nuove abitazioni.
Brandlhuber+ Emde, Burlon, Antivilla, Krampnitz, Germania, 2010–15 Courtesy of Brandlhuber+ Emde, Burlon, foto: Erica Overmeer / VG Bild-Kunst, Bonn 2020
Noritaka Minami, A504 I (Nakagin Capsule Tower, Tokyo, Giappone), 2012 © Noritaka Minami
La sezione successiva, ‘Rethinking the Interior: 1960-1980‘ (ripensare gli interni) esamina i cambiamenti radicali nel design d’interni degli interni dagli anni ’60 agli anni ’80: dai mobili di Memphis (illustrati dalla casa di Montecarlo di Karl Lagerfeld) agli interni disegnati da Claude Parent nel 1973 in collaborazione con il filosofo Paul Virilio; dalla Silver Factory degli anni ’60 di Andy Warhol all’ esplosione del fenomo IKEA, il più grande produttore di mobili al mondo che ha contribuito a cambiare il modo in cui percepiamo i mobili, da oggetti da tramandare di generazione in generazione a prodotti di consumo di breve durata.
Appartamento di Karl Lagerfeld a Montecarlo, 1982 © Jacques Schumacher
Verner Panton, Phantasy Landscape (paesaggio fantastico) per la mostra ‘Visiona 2’, Colonia, Germania, 1970 © Verner Panton Design AG, Basilea.
IKEA, copertina di un catalogo del 1974 © Inter IKEA Systems B.V.
Nat Finkelstein, La Factory di Andy Warhol, New York City, USA c. 1965
© Nat Finkelstein Estate / All rights reserved
La terza area, intitolata ‘Nature and Technology: 1940-1960′ (natura e tecnologia:1940-1969) racconta un’era decisiva nella formazione degli interni moderni, quella degli anni seguenti alla 2°guerra mondiale, quando lo ‘stile moderno’ entra nel regno domestico di un grande numero di persone.
La metà del ventesimo secolo ha visto il linguaggio moderno diventare più raffinato e soprattutto l’emergere di approcci al design degli interni ancora oggi rilevanti: la “House of the Future” progettata da Peter e Alison Smithson per l’Esposizione della casa ideale a Londra nel 1956, presentava ad esempio tecnologie di automazione domestica molto spinte. Ma se la modernità entra prepotentemente nell’immaginario collettivo, diventa inevitabilmente oggetto di ironia: chi non ricorda l’esilarante film di Jaques tatì “Mon Oncle” (1958), nel quale la casa (Villa Arpel) arriva a dominare i suoi abitanti?
Una scena del film Mon Oncle di e con Jaques Tati, qui alle prese con gli elettrodomestici della cucina di Villa Arpel.
Con ‘The birth of the modern interior‘ (la nascita degli interni moderni) la mostra ripercorre le origini del la modernità, quando anche la riflessione sugli interni privati è stata al centro del dibattito architettonico.
Ciò è esemplificato su larga scala dal programma di edilizia popolare “Das Neue Frankfurt” (1925-30) che, diretto dall’architetto Ernst May, includeva non solo la nota ‘cucina di Francoforte’ di Margarete Schütte Lihotzky (1926) ma anche mobili a prezzi accessibili progettati da Ferdinand Kramer e Adolf Schuster.
Mentre May perseguiva una ricerca di tipo sociale, altri architetti hanno reinventato radicalmente la distribuzione e la versatilità dello spazio domestico, come Ludwig Mies van der Rohe che nella Villa Tugendhat a Brno (1928–30) progetta una delle prime abitazioni basate sul concetto di pianta aperta.
Al contrario, lontana dalle posizioni moderniste, Elsie de Wolfe, considerata una delle prime decoratrici di interni professionali, sceglie l’ornamento come mezzo di espressione lo teorizza nel suo libro “La casa del buon gusto” del 1913.
Nel corso del ventesimo secolo il dibattito sul design degli interni si è evoluto tra opposti poli: funzionalismo e riduzione formale da un lato ed esaltazione dell’indvidualità e ornamento dall’altro, entrambi continuano a plasmare gli spazi delle nostre case.
Ludwig Mies van der Rohe, Villa Tugendhat, Brno, Repubblica Ceca, 1930 © Archive Štenc Praha/ VG Bild-Kunst Bonn, 2020
Josef Frank, Villa Beer, Vienna, Austria, 1929 – 31 © MAK
Home Stories: 100 Years, 20 Visionary Interiors
8 febbraio / 23 agosto 2020
Vitra Design Museum
Charles-Eames-Straße 2, 79576 Weil am Rhein, Germania
Copertina: Lina Bo Bardi, Casa de Vidro, São Paulo, Brasile, 1952 © Nelson Kon, 2002
Immagini (tranne Jaques Tati) courtesy of Vitra Design Museum | www.design-museum.de
copyright Inexhibit 2021 - ISSN: 2283-5474